La via
L'idea
d'intestarmi una strada nacque qualche anno fa. Fu realizzata per una
particolare mostra con opere in grado di usurarsi in breve tempo, una vera
operazione d’arte a perdere dal titolo: arte instabile. L’iniziativa fu
realizzata nel Comune di Bologna, in Piazza dell’Unità, e fu curata da
Alessandra Borgogelli.
Proprio
in quel luogo, nel quartiere Navile, vi è una zona, la Bolognina, dove le vie
hanno nomi di famosi artisti locali (pittori, scultori e architetti), che
ricoprono un periodo racchiuso fra il quindicesimo e il diciottesimo secolo.
Venne quindi spontaneo aggiungere alla lista di quegli artisti anche il mio,
intestandomi una piazza proprio in quella zona. Mi affidai così all’instabilità
della carta, e sovrapposi alle targhe ufficiali di ceramica della piazza ben
otto nuove insegne di carta, ribattezzandola così "Piazza Cartaccia
1945/2035".
Per
venire al tema di questa nuova operazione mailartistica, ideata dall’amico
Maurizio Follin, mi viene spontaneo ricordare quella mia precedente azione, ma
anche riflettere sul fatto che ognuno ha una sua strada. Io mi intestai una
piazza, ma tutti noi dovremmo dedicarci la propria via, come ci ricorda Carl
Gustav Jung in una sua nota citazione. “La mia via non è la vostra via, dunque
non posso insegnarvi nulla. La via è in voi, ma non in dèi, né in dottrine, né
in leggi. In noi è la via, la verità e la vita”.
Il
tema della libertà nasce spontaneo da una seria riflessione sulla via, intesa
come strada che attraversa i territori alla ricerca del benessere e
dell’indipendenza dei popoli.
“L’uomo
è condannato a essere libero: condannato perché non si è creato da se stesso, e
pur tuttavia libero, perché, una volta gettato nel mondo, è responsabile di
tutto ciò che fa” (Jean-Paul Sartre).
Le
ruote dei nostri carri solcano ormai da secoli tutte le strade del mondo. Fin
dai babilonesi, dai fenici e dai greci le vie sono state le fondamenta di tutti
i rapporti umani: commerci, guerre, esodi.
Non
sappiamo comunque dopo secoli e secoli di esperienza quale sia la strada
giusta, come d’altra parte non lo seppe Ulisse, nonostante gli aiuti della dea
Atena.
Ora
le vie non sono solo quelle ben lastricate, riconoscibili dai nomi. L’uomo ha
creato anche delle vie d’acqua, percorsi certi nei mari e nei fiumi, battute da
valorosi marinai, che con le” belle giubbe bianche” hanno attraccato le loro
navi ai porti di tutto il mondo.
I
romani, non solo hanno navigato sulle acque conosciute, ma hanno costruito e
lastricate arterie pulsanti in tutto il loro impero. La strada è fra le prime
cose che l’uomo ha imparato a costruire e l’ha percorsa per mille ragioni
diverse. La strada è vita, cultura, lavoro e comunione di popoli. Si pensi alla
via Francigena, che pellegrini di mezza Europa, percorrevano a piedi per
raggiungere la Città Eterna.
Oggi,
quando le vie traforano i monti e sottopassano la Manica, non ci accontentiamo
più di strade asfaltate, ferrate e di mare: abbiamo intrapreso la via dei
cieli, costruendo rotte e vie immaginarie, da percorrere sorvolando i confini
terreni con i nostri “mezzi volanti”.
Anche
se nell’arte non sempre si affronta direttamente il tema delle strade, esso è
comunque presente perché nell’umanità è molto concreta l’appartenenza alla
strada.
L'uomo
nasca libero… libero di decidere se la vita è fatta di scelte, ma
impossibilitato ad avere coscienza di tutte le vie. Ognuno avrà, quando l’avrà,
coscienza della propria via.
Cito
una celebre frase di Edgar Morin dal suo libro la via: “La rinuncia al migliore
dei mondi non è la rinuncia a un mondo migliore”. Io rispondo a questa
citazione, seppure anch’io non voglia e non possa rinunciare a vie migliori per
l’umanità, con una punta di sarcasmo perché avendo ognuno la propria via per
salvare l’umanità (la mia è un po’ dadaista), diventa molto complesso
“progettare” un cammino uguale per tutti: sei personaggi in cerca d’autore…
trovano giusto sposare i primi che incontrano per strada, mentre stanno
aspettando Godot, su una via che porta loro fortuna, dove in un buio profondo,
c'è un pozzo che rispecchia la luna, si buttano dentro, senza aspettare che
arrivi Godot, intanto lì vicino, Ubu re mangia una mela seduto sul canapè .
Piero
Barducci